venerdì 18 marzo 2016

L’integrazione di Fahim: per un’Italia in cui credere ancora

“Integrazione? Non ho mai pensato a una definizione, però penso che non si può definire in termini assoluti, dipende sempre dalle circostanze, ed è molto relativa come cosa!” Risponde così Fahim, un ragazzo di 17 anni, bangladese, alla domanda che cosa è l’integrazione. “Forse relazionarsi con la società ospite in modo da farla diventare anche la sua, appunto integrandosi”.

Studente del 3° anno del Liceo scientifico Fahim è in Italia dal 2012 colla sua famiglia, e anche se la sua presenza qua è relativamente recente, il ragazzo è un bell’esempio d’integrazione. “Per fortuna non mi sono ancora capitati degli episodi brutti di razzismo, enon ho mai subito un giudizio dettato dagli stereotipi, forse non mi sono mai messo a pensare in tale senso, e poi il mio migliore amico è un italiano, forse per questo non ci riesco a vedere gli altri italiani con un occhio negativo” spiega fra le pause dei compiti mentre prepara un disegno tecnico per la scuola, nella sua camera.

Da aspirante medico, Fahim considera sé stesso una persona per bene, e cerca di lottare l’ignoranza, gli stereotipi con l’intelligenza e la diplomazia. “Certo, in questi tempi uno degli stereotipi che va molto di moda è del classico terrorista musulmano, e la cosa mi rattrista molto ma allo stesso tempo mi lancia una sfida”. Si ferma a cancellare un errore sul disegno e riprende “essendo io stesso musulmano cerco di spiegare alle persone che mi sono vicine che l’Islam non è così, partendo in primis dai miei compagni di scuola. Certo non sono un grande sapiente, ma cerco di fare il possibile nel mio piccolo, e a volte non servono tante parole, bastano dei piccoli gesti di un buon comportamento e rispettare gli altri.”

Amante della lettura e dei film, per hobby sta imparando a suonare il basso, e da qualche mese ha iniziato ad aiutare una moschea della sua zona riassumendo il sermone in italiano. “Mi è piaciuto molto vedere che il mio migliore amico è venuto a trovarmi, a darmi del coraggio mentre spiegavo il sermone davanti a centinaia di fedeli“. È qui che i suoi occhi si illuminano “perciò, ritornando alla domanda precedente, che cos’è l’integrazione, se non questo?”

In un’epoca in cui tutte le statistiche offrono una lettura delle cifre del fallimento del sistema educativo, della dispersione scolastica, i ragazzi come Fahim offrono una nuova prospettiva, ed inducono a non mollare le speranze in un’Italia in cui credere ancora.

Nibir M. Rahman
(12 marzo 2016)

Pubblicato in Piuculture: L’integrazione di Fahim: per un’Italia in cui credere ancora

sabato 12 marzo 2016

A Torpignattara per la Giornata Internazionale della Lingua Madre

“Promuovere la conservazione e la protezione di tutte le lingue usate dai popoli del mondo”, è questo l’obiettivo della giornata internazionale della lingua madre, indetta il 21 febbraio da parte dell’ONU. Una giornata per celebrare la diversità linguistica e culturale fra i popoli.

Per quest’occasione, domenica 21 febbraio, l’Associazione Villaggio Esquilino Onlus ha realizzato “una serata dedicata alla cultura e alla conoscenza dell’altro”, con un evento nella sala dell’Ex Aula consiliare Municipio V a Torpignattara, il cuore pulsante della comunità bengalese a Roma.

Alla presenza di numerosi cittadini, l’incontro è stato aperto con una piccola mostra fotografica per introdurre alla cultura bengalese attraverso gli scatti dell’antropologa Alice Valente. “Da bengalese mi sento fiero e orgoglioso di questa giornata” spiega un giovane partecipante bangladese, studente d’Ingegneria Informatica alla Sapienza. “Si tratta di una giornata che tocca personalmente il nostro sentimento come popolo bengalese” aggiunge.

Storicamente, la giornata è stata scelta per ricordare il 21 febbraio 1952, quando diversi studenti bengalesi dell’Università di Dacca furono uccisi dalle forze di polizia del Pakistan, che in quegli anni comprendeva anche il Bangladesh, mentre protestavano per il riconoscimento del bengalese come lingua ufficiale. Dal 1999 l’UNESCO ha poi scelto il 21 febbraio come giornata internazionale della lingua madre per promuovere il multilinguismo. “Vivo in Italia da una vita, direi da sempre. E se tra gli elementi della mia identità c’è la lingua italiana, allo stesso modo c’è anche la lingua delle mie origini, e io non posso negarla” conclude il giovane.

Durante la serata è stato presentato il libro Amar bhasha, amar basha. La mia lingua, la mia casa di Maria Francesca Colonnese, Alice Valente Visco, Sara Rossetti e Katuscia Carà, promosso ed edito dall’Associazione Villaggio Esquilino Onlus. Il testo è composto da quattro parti, una sezione didattica dedicata all’insegnamento dell’italiano per le donne del Bangladesh, una prospettiva antropologica, un’altra sociologica e un report sull’esperienza diretta dell’insegnamento dell’italiano nelle classi di donne del Bangladesh organizzate negli anni dall’Associazione stessa.

La lettura di una selezione di poesie del poeta bengalese e premio nobel Tagore, da parte di Alice Valente, i balli tradizionali con Madhobi e Orpita, giovani danzatrici del Bangladesh, ed infine l’esibizione del gruppo Moonstars Studio, composto dai ragazzi cresciuti in Italia che hanno deciso di trasmettere e far conoscere la cultura del Bangladesh attraverso la musica, hanno consentito agli intervenuti di conoscere ancora meglio la cultura bengalese.

L’auspicio dell’incontro è che possa essere un punto di partenza per avviare una riflessione sulla propria cultura, prendere coscienza della diversità e valorizzarla. E nella società globalizzata che tende talvolta a promuovere il livellamento culturale, voler tutelare le proprie origini è l’obiettivo più ambizioso della Giornata, sicuramente controcorrente.


Nibir M. Rahman
(3 marzo 2016)

Il presente post è stato pubblicato anche sul giornale interculturale online Piuculture al seguente indirizzo: http://www.piuculture.it/2016/03/a-torpignattara-per-la-giornata-internazionale-della-lingua-madre/